Il carrello sarà sempre più verde
Categoria: Fatti non parole / Taggato:
/ Pubblicato: 23/01/2019 da admin
Il Rapporto Coop 2018, la cui versione completa è stata diffusa qualche giorno fa dopo l’anteprima di settembre, rileva ancora una volta l’importanza imprescindibile del mercato ‘verde’ e delle sue prospettive di crescita. Ne emerge che oggi un italiano su dieci, con una frequenza più elevata tra le donne e i più giovani, sceglie un’alimentazione veg (4% vegana e 7% vegetariana)... continua
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Guarda tutte le notizie >>La ricetta per salvare il mondo secondo The Lancet
Per la prima volta in 200.000 anni di storia siamo gravemente fuori sincrono con pianeta e natura, e si tratta una crisi che sta portando la Terra verso i suoi limiti estremi, minacciando l’esistenza di tutte le specie.
Nutrire i 10 miliardi persone previsti per il 2050, in modo salutare e sostenibile, sarà impossibile senza una drastica diminuzione del consumo di carne.
Il risultato di oltre 2 anni di collaborazione tra 37 esperti di 16 paesi, con il focus su una serie di discipline tra cui salute, nutrizione, sostenibilità ambientale, sistemi alimentari e governance economica e politica, è stato pubblicato ieri su The Lancet, autorevolissima pubblicazione scientifica, e suggerisce un cambiamento di dieta, con una riduzione media del consumo di cibi, come la carne rossa, di almeno il 50%.
Allo stesso tempo gli studiosi ritengono necessario un aumento complessivo del consumo (oltre il 100%) per legumi, semi oleosi, frutta e verdure,con variazioni delle quantità a seconda della regione del mondo.
Si tratta di cambiamenti molto decisi: gli americani dovrebbero calare dell'84% il consumo di carne di rossa, e moltiplicare per 6 la quantità di legumi.
Per gli europei si tratterà di mangiare il 77% in meno di carne rossa e 15 volte più noci e semi.
Questi numeri non piacciono a chi carne ne produce, è ovvio.
A noi si. Perché crediamo davvero che quella suggerita sia una vera e indispensabile ricetta per salvare il mondo.
paola segurini
La riscossa delle alternative
Senza alcun dubbio è un segnale “potente” l’interesse del World Economic Forum - organizzatore dell’annuale incontro di Davos (Svizzera) tra big dell’economia e della politica internazionale e intellettuali e giornalisti - a commissionare alla Oxford Martin School uno studio sulle proteine alternative alla carne, e i risultati dell’analisi, unica nel suo genere poiché si concentra sia sull’impatto del consumo di carne sia sulla salute umana che sull’ambiente, parlano chiaro.
In termini di salute, lo studio rileva come passando dalla carne bovina ad altre fonti proteiche si potrebbe ridurre il peso globale complessivo dei decessi legati all'alimentazione del 2,4% e la cifra salirebbe al 5% nei Paesi a reddito medio e alto (continua)
COP24: se il buongiorno si vede dal mattino
Si è aperta a Katowice, in Polonia, l'importantissima Conferenza sul Clima, COP24, volta individuare misure sempre più urgenti per contrastare gli ormai visibilissimi cambiamenti climatici. Se il buongiorno si vede dal mattino, come hanno fatto notare un gruppo di associazioni (non animaliste), basta guardare il menu che viene proposto a delegati e visitatori (in tutto 30.000 persone). Per i pasti sono previste il doppio di pietanze a base di carne rispetto a quelle di origine 100% vegetale.
Secondo lo studio a cui si fa riferiemento, le opzioni a base di carne offerte alla conferenza (4,1 kg di CO2e per porzione) generano una media di emissioni di gas serra più di quattro volte superiori ai pasti a base vegetale disponibili (0,90 kg di CO2 per porzione) al meeting.
Nell'infausta, ma non irreale ipotesi che tutti i partecipanti all'evento - che dura 12 giorni - scelgano piatti a base di carne e cibi di origine animale, COP24 contribuirà - solo mangiando - a produrre 4.500 tonnellate di CO2, vale a dire una quantità equivalente alla combustione di 1 milione e 900 mila litri di gasolio, o a 3000 persone che volino da NewYork a Katowice.
La dissonanza cognitiva impera, il legame - tanto semplice da individuare - tra alimentazione e clima è ancora difficile da riconoscere. Al massimo si arriva, con grandissimo sforzo, a vedere l'effetto degli allevamenti intensivi. E il resto? E quelli estensivi?
In ogni caso, non ci resta che sperare (!) che in 12 giorni i delegati aprano gli occhi (non solo le bocche per mangiare) e che tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite affrontino il problema dell'impatto dell'alimentazione sul clima durante i negoziati e ne tengano conto al momento di formulare i loro piani nazionali di azione.
paola segurini