Secondo una ricerca della Chatham Houseun think tank (letteralmente serbatoio di pensiero in inglese) che ha sede nel Regno Unito, è assolutamente necessario ridurre il consumo globale di carne per modificare gli effetti del riscaldamento globale.

Lo studio, reso pubblico all’inizio di dicembre, rileva come gli allevamenti del pianeta producano, secondo questi ricercatori, il 14,5% delle emissioni climalteranti mondiali e siano increscita a causa dell’incremento del consumo di carne e latticini da parte dei Paesi in via di sviluppo.

Non è una novità per noi, che ci occupiamo da anni di queste tematiche e della relativa sensibilizzazione ma lo è, evidentemente, per la maggior parte delle 12.000 persone intervistate, in 12 diversi Paesi, nell’ambito del sondaggio commissionato da Chatahm House alla
Ipsos Mori per questa indagine.

I dati raccolti indicano come l’influenza del cibo sul cambiamento climatico non sia attualmente un criterio primario nelle scelte a tavola.
“I risultati hanno dimostrato una chiara mancanza di consapevolezza 
- ha dichiarato Rob Bailey, autore principale dello studio – il riconoscimento del ruolo del settore zootecnico nel contribuire al cambiamento climatico è stato nettamente inferiore a quello di tutti gli altri settori esaminati”. Per esempio più del 40 per cento dei russi e il 25 per cento dei sudafricani pensano che la produzione di carne e latticini causi  "poco o nessun" cambiamento climatico.

L’impatto sull’ambiente si dimostra quindi  ‘fanalino di coda’ rispetto ai principi di preferenza per uno l’altro cibo, che vedono in testa il gusto, seguito dal prezzo, dall’effetto sulla salute e dalla sicurezza alimentare.

Quest’analisi britannica vede il consumo di carne in aumento del 60-70% entro il 2050 e indica, paradossalmente, il maggior potenziale di mutamento delle abitudini e del comportamento alimentare come individuabile proprio nei Paesi con economia emergente, gli stessi che oggi richiedono maggiori quantità di prodotti animali. Gli intervistati nei sondaggi online effettuati in Brasile, Cina e India hanno infatti dimostrato elevati livelli di consapevolezza del ruolo dell’uomo nel cambiamento climatico, maggiore considerazione del cambiamento climatico nel scegliere carne o latticini e più intensa volontà di modificare i propri consumi rispetto alla media dei Paesi esaminati.

Per arginare la deforestazione e ridurre l’impatto dei trasporti i governi hanno preso importanti provvedimenti, mentre c’è un divario enorme nella considerazione dei danni procurati dal settore zootecnico.
"E’ improbabile che un pericoloso cambiamento climatico si possa evitare a meno di non abbattere il consumo di carne" ha precisato Rob Bailey. Mai i governi e gli ambientalisti non stanno facendo nulla in questo senso per affrontare questo aspetto del problema a causa del timore di una reazione dei consumatori.
Sarà ora che si rendano conto che avanti così non si può andare? Iniziando magari con il proporre ad ampio raggio il MercoledìVeg...

paola segurini