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Cambiare abitudini alimentari per salvarci e salvare
Una moda? O uno stile di vita che esce dalla nicchia in cui era rinchiuso e diventa una delle possibilità da scegliere per condurre un’esistenza serena e sostenibile?
Ci sono segnali crescenti che il 2014 potrebbe essere l'anno in cui il vegan lifestyle - spesso visto come appannaggio di hippies, attivisti animalisti e fanatici salutisti – diventerà un’opzione tra tante e per niente strana.
E’ questo l’anno in cui la catena di supermercati tedesca ' Veganz - We Love Life' - che offre oltre 6.000 prodotti vegan e nient’altro, aprirà la sua prima filiale nel Regno Unito, dopo le 7 in Germania, una a Vienna e una a Praga.
Sarà questo l’anno in cui le persone comprenderanno meglio come sia sbagliato e nocivo sfruttare gli animali e come un’alimentazione su base vegetale sia davvero la più salutare e non abbia niente da invidiare, come gusto e ricchezza, alla cucina ‘solita’? E i vip – per ora oltreoceano - seguiteranno ad annunciare la loro svolta, temporanea o totale? Come Bill Clinton e Al Gore, o Ellen DeGeneres - che ha organizzato il suo matrimonio vegan? Continueranno a crescere gli eventi, come i festival veg, in cui il cibo finisce a causa delle previsioni di afflusso al ribasso? Ci auguriamo di sì ovviamente. Ma ci andrebbe bene che le persone mutassero orientamento per timore.
Come spiega benissimo Jan Jack in un articolo apparso su ‘The Guardian’ nei giorni scorsi, la paura è un grande attivatore della determinazione al cambiamento. Il giornalista porta l'esempio del fumo. Piano piano la gente sta smettendo di fumare e gli ex-fumatori guardano, con un quasi disgusto, a quelli che erano prima, a come era prima la società, in cui fumare era niente meno che una tradizione. L’atto aveva una sua simbologia, rituali e luoghi che sembravano immutabili. Eppure oggi per molti – e per tante situazioni sociali e pubbliche – fumare è diventato solo un atto nocivo e negativo, a cui è consigliabile rinunciare, per la propria salute e per la socialità. Si è trattato di una rivoluzione del comportamento, determinata dalla paura delle malattie. Facendo riferimento ai dati e alle rilevazioni effettuate per uno studio pubblicato in questi giorni sulla rivista Nature, Jack si chiede se la preoccupazione per le catastrofi ‘naturali’ - causate dai cambiamenti climatici originati dal numero sempre maggiore di animali allevati per la carne e il latte – possa fungere da miccia per un sovvertimento delle abitudini alimentari diffuse, in vista della conservazione di uno stato di vivibilità del Pianeta, almeno per i nostri figli. Ma anche per noi, per non svegliarci un mattino travolti da un alluvione, o da una siccità mortale.
Come sappiamo, se seguirà i tassi di crescita attuali, la richiesta globale di carne passerà dalle 229 milioni di tonnellate del 2000 ai 465 milioni nel 2050. Non c’è spazio, non ci sono le condizioni per continuare così, con qualsiasi lente – etica, sociale, salutistica, economica - si osservi questo incremento pauroso.
E quindi, nel 2014 comincerà a diffondersi sul serio, grazie all’ormai continuo martellamento – e ai ben visibili sovvertimenti climatici – degli scienziati, la consapevolezza dell’urgenza di una trasformazione del consumo a tavola? Noi, quelli che una volta erano considerati bizzarri pazzoidi, speriamo proprio di sì.
Paola Segurini
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